lunedì 21 settembre 2009

Della serie "le sintesi impossibili di Silvia"..

Sintesi, se non impossibile, di certo molto ardua, intanto perchè ammetto di essere per lo più "analitica", e poi perchè riuscire a sintetizzare un progetto del genere forse non mi va neppure... lo voglio ricco di spunti ed idee per adesso, aspettando che sia l'effettiva opera dei suoi "contribuenti" a definirlo in un modo che, solamente dopo, sarà sintetizzabile.
In ogni caso, copio e incollo l'ultima mail che vi ho spedito, anche se, alla luce degli "eventi" di ieri, pensando al fango, allo yacht di Dieguccio ed al suo skipper "Mister X", avrei molto da aggiungere. Ed il raccontino ipotetico su come potremmo muoverci che segue -molto informale e scritto in maniera pessima-, si dovrebbe arricchire di numerosi altri quesiti imprescindibili da portare tra la gente..Se ne parla de visu, che è meglio:)

"Chiedo scusa innanzitutto a tutti voi per l'eccessivo caos nel quale vi sarete ritrovati se avrete tentato di leggere qualcosa nei blog o avrete avuto l'occasione di discutere con la sottoscritta, da diversi mesi decisamente inabile nel "parlare", per diverse ragioni.
Sicuramente c'era molta confusione nella mia testa, ed anche la “sintesi” che tenterò di esporvi adesso (riprendendo un breve discorso fatto stasera alla mia amica Simona) tornerò a modificarla parecchie volte, dal momento che limare è di certo un compito infinito e la chiarezza temo sia diventata per una come me una méta molto ardua, per quanto estremamente desiderata .
Resta, poi, l'idea di fondo che, comunque, finché non saremo sul campo, finché non si saranno formati i gruppi e non si sarà creata una minima conoscenza tra i vari membri che aderiscono al progetto, tutto ciò che verrà detto non sarà altro che una sorta di cera, che potrà essere modellata esclusivamente grazie all'energia di ciascuno di voi.
Perché, e poi vado al succo, voglio ricordare ancora una volta come questa ricerca voglia davvero essere "plurale" e sentirsi perciò figlia di molti "genitori", mai il parto esclusivo di una schizzata filo-filosofa.

Allora, dove penso potremmo andare a parare con quest’ indagine "conoscitiva"? Quali obiettivi dovremmo proporci e come dovrebbe essere di fatto congegnata?

Immaginatevi un gruppo di giovani "professionisti", che svolgono lavori differenti e che, forse per caso o forse perchè una rompipalle li ha perseguitati con la richiesta di un documentario sulle "periferie", decidono di capire un pò meglio come si vive e cosa succede negli ambienti "degradati" della loro città.
La premessa da cui partono è, casualmente o meno, piuttosto "borghese", ed è, in quanto inizio di una ricerca, una domanda: se solo la bellezza può salvare il mondo, là dove la bellezza non c'è, cosa accade e cosa si può fare?
Si interrogheranno tra di loro sul significato della bellezza oggi, sul ruolo dell'arte, sull'importanza dell'edilizia e del bello della natura, per chiarire meglio quali rapporti esistano tra l'uomo ed il suo spazio. E cercheranno di capire cosa ne pensano gli abitanti di questi quartieri, quanta fiducia ripongono nell'amministrazione comunale, mostrando i luoghi in cui le vite di coloro che spesso vengono definiti "poveracci" ed "invisibili" si mescolano in vari modi.
Possibilmente coloro che si lasceranno coinvolgere nelle interviste sembreranno proprio confermare l'opinione di chi nel gruppo è già scettico sull'importanza del "bello". Ossia, non è possibile sperare nella bellezza, se prima ci sono da affrontare questioni più urgenti, come la disoccupazione. Chi non lavora è finito, la bellezza è solo un vezzo borghese, sembrerà la sola risposta accorta, incapace però di esaurire lo slancio di curiosità del giovane gruppo.
Sconsolati alcuni, più certi di aver “avuto ragione” fin dall'inizio altri, i membri del gruppo cercheranno di osservare le cose ancora più da vicino.
( Didascalia della scassapalle di cui prima: dalla fase della ricerca “bellezza immaginazione necessità” si passa a quella intitolata “le radici delle solitudini”).

I ragazzi si troveranno a mettere in evidenza tutte le forme di resistenza all'abbandono che esistono già in queste zone- intendo i lavori delle scuole, delle varie associazioni di volontari e tanto altro- che si impegnano in un confronto continuo con tutti quei casi che, fino ad allora numeretti di statistiche letti sui giornali, inizieranno a diventare volti di bambine violentate, ragazzi che spacciano, uomini che entrano ed escono dalla galera forse finalmente conosciuti e tanto altro, in una realtà che, comunque, è variegata e non si può prestare, come nessuna, ad alcuna generalizzazione che la descriva efficacemente con una formuletta. Nascerà probabilmente una discussione sui tratti generali del nostro tempo. Su cosa voglia dire solitudine, visibilità, su cosa sia l’isolamento, su quante possibili affinità ci siano tra coloro che vivono lontano da queste vicende ma soffrono altri mali e chi si sente comunque lasciato solo per altre ragioni. Può esistere un punto di convergenza tra la visione “borghese” e quella “popolare” di ciò che vuol dire vivere?
Immaginate che chi si farà intervistare potrebbe apparire comunque molto annoiato dal tentativo di assicurare come anche altrove non si stia bene, non si sia davvero felici, perché verosimilmente non gli piacerà ammettere che laddove circola ricchezza ci si possa lamentare. E, pur incuriosito dallo scoprire di avere molti sogni comuni, saprà che, spenti i riflettori sulle sue problematiche, non saranno certamente quei ragazzi- che non l’hanno trattato come cavia di un esperimento, ma solo come un concittadino degno di dar voce a ciò che più lo preoccupa- a risolverle.
A questo punto qualche elemento del gruppo penserà di aver già preso dalla ricerca ciò che più gli “serviva”. Sentendosi eroico per aver messo piede in zone che non aveva mai percorso della sua città, potrà tornare a vivere come prima con un tocco di maggiore fascino da usare nelle conversazioni con gli amici … chi lo sa..sarà già, credo, qualcosa di importante che gli resterà come ricordo di quanto più grande e complessa di quanto credeva, fino a qualche mese prima, fosse la sua città, essa in realtà sia.

Ma quando qualcuno dirà “è vero, è così come ci hanno spiegato loro. Il potere è solo di chi ha i soldi”, si origineranno discussioni che porteranno l’indagine ad un altro livello, l’ultimo: identità e potere.
La ricerca posso sforzarmi di prevedere che potrà a quel punto diventare veramente delicata. Saranno tirate in ballo numerose questioni e non è difficile credere che i ragazzi intervisteranno diverse autorità e magari anche i preti delle zone indagate, per capire meglio chi sia effettivamente a “decidere” le sorti di quei luoghi.
Mi ispiro ad una bozza di un possibile“dialogo socratico” sull’argomento, tratteggiata rapidamente ieri, per concludere:

“Più timorosi, dopo le esperienze fatte, che hanno insegnato loro l’impossibilità di raggiungere una verità sull’oggetto (soggetto) discusso- la periferia-, e forse l’inutilità stessa del tentar di domandarsi le cose come stanno, vogliono capire appunto chi ha effettivamente potere. “ Il potere è solo di chi ha i soldi” ha detto qualche “periferico”. “Vedi”, dicono alcuni, “è la necessità di arrivare a fine mese che fa spegnere la voglia di bello ed è solo un vezzo borghese nostro quello che ce lo fa apparire essenziale.”
“No, l’arte può rendere potenti anche i poveri, è una risorsa fondamentale”, dice un altro.
“ È l’economia che fonda l’identità. Ha potere solo chi ha i soldi, ve l’ha detto lui” ricorda qualcun altro. “Già. Ma questi soldi come si fanno qui? “ chiede un altro ancora.
I ragazzi parlano, discutono, confrontano le loro opinioni anche in modo acceso, ma cresce l’entusiasmo e finalmente, dopo diversi faticosi incontri, pensano di aver chiarito per bene la questione. La marginalità della periferia, che trova nella mafia la sua causa principale, si potrà combattere cominciando da qualcuno che qui crede nel cambiamento. Ma i discorsi “buoni” valgono solo per i creduloni delle Chiese, attirati dalla pace e forza vibrante della voce del parroco all’omelia, oppure, ancora, solo per qualche sventurato che pensa che non sia affatto vero che “cu nasce tunnu non po morere quadrato”e basta?

Cambiare, lasciando che la conoscenza e lo slancio incoraggiato dal sostegno intorno, facciano il loro corso è impossibile in Sicilia, dove troppo spesso sembra che Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutta la lista interminabile di persone che hanno sacrificato e sacrificano la loro vita per la giustizia, non siano mai esistiti e continuano a non esistere? "

Forse questa sarà la sensazione angosciante con cui si chiuderà questa ricerca, non lo sappiamo.
La storia ha tanti bivi e questo è uno dei finali possibili. Ma questa è appunto solo una strada per fare conoscenza, senza giungere a nessuna conclusione definitiva.
E tutto quello che ho scritto qui per tentare di lasciarmi seguire nelle mie, ridotte all’osso, connessioni mentali, ribadisco come fino a quando non ci avventureremo sul serio, non può che essere aria fritta, retorica scialba, ancora confinata ad un piano del linguaggio e dell’opinione che non mi bastano più.
Ecco perché spero vogliate iniziare a fare i primi “sopralluoghi” e lasciarvi “coordinare” per la divisione in gruppi al più presto.
Alla prossima,
Silvia

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